Il “pacchetto standard” (valutazione + riabilitazione) è sufficiente?
Sì, certamente. Nella maggior parte dei casi un buon intervento riabilitativo, strutturato a partire da una adeguata valutazione del deficit e delle risorse attivabili, permette di raggiungere un ottimo livello di funzionamento.
Il bambino sarà aiutato a riconoscere le proprie aree di difficoltà e a far ricorso alle “strategie compensative e dispensative” previste per legge e inserite nel suo PDP.
Un buon allineamento tra il professionista, la famiglia e la scuola sul percorso svolto con il bambino fornisce la giusta cornice per questo iter riabilitativo.
Perchè un intervento psicoeducativo?
Perchè spesso il problema è “multilivello”. Non riguarda solo gli aspetti cognitivi degli apprendimenti, ma anche quelli emotivi, motivazionali, sociali e comportamentali.
“Gli studenti senza difficoltà presentano la capacità di autoregolarsi nell’utilizzo di adeguate strategie per affrontare l’apprendimento, e questo determina in loro un buon livello nelle componenti emotivorelazionali, quali autostima e attribuzione. Al contrario, gli studenti con DSA sono caratterizzati da un sistema metacognitivo estremamente carente con bassi livelli di attribuzione a fattori interni (impegno e abilità) e alti livelli di attribuzione a fattori esterni (compito, fortuna e aiuto), bassa autostima, bassa percezione di autoefficacia e sentimenti di depressione. (…) Secondo il DSMIVTR (1999) «demoralizzazione, scarsa autostima e deficit nelle capacità sociali possono essere associati ai disturbi dell’apprendimento». (…) Alcuni autori individuano come il più comune e ricorrente sintomo dei bambini con DSA un basso livello di autostima accompagnato anche dalla paura di essere considerati «stupidi» o «pigri». Oltre alla bassa autostima, anche le difficoltà comportamentali, l’ansia e la depressione sono alcuni dei sintomi associati ai DSA. Spesso una difficoltà di apprendimento può determinare una scarsa immagine di sé e bassi livelli motivazionali; viceversa, può accadere che bassi livelli di autostima determinino una prestazione scolastica inadeguata. Non è chiaro se un’alta autostima sia la causa di un buon successo scolastico, o se siano i buoni voti a determinare un incremento dell’autostima, tuttavia è più verosimile che la causalità operi in entrambe le direzioni” (Dislessia, n.1, 2008).
Stupisce pertanto la constatazione che i servizi generalmente prevedano solo interventi di carattere squisitamente cognitivo. Certo, è possibile che il problema di autostima, ansia da prestazione o di acting out diminuisca mano a mano che la prestazione risulta maggiormente adeguata. Ma è possibile che ciò non avvenga a livello profondo, specie se la diagnosi non è stata precoce e l’intervento non è stato tempestivo.
Si comprende quindi, come sia necessario in molti casi prendere in carico non solo gli aspetti cognitivi e prestazionali del disturbo di apprendimento, ma anche (e forse soprattutto) quelli emotivi, motivazionali, sociali e comportamentali.
Oltre all’intervento prettamente riabilitativo, in altre parole, è necessario un intervento che si occupi di ricomporre la “globalità” del bambino/ragazzo.
Quando è maggiormente indicato un intervento psicoeducativo?
Nella mia personale esperienza, l’intervento psicoeducativo è necessario soprattutto con:
● preadolescenti e adolescenti con DSA non riconosciuti, riconosciuti tardivamente oppure trattati in modo non adeguato
● bambini con situazioni familiari problematiche (figli di coppie separate, con anamnesi di problematiche psichiatriche, situazioni note ai servizi, ecc)
● bambini molto emotivi (ipersensibilità al rifiuto, attaccamento ansioso, bassa autostima) e/o tendenti all’acting out
● situazioni in cui sia presente conflittualità o rapporti ambivalenti tra famiglia e scuola
Quali sono le possibile forme dell’intervento psicoeducativo?
L’intervento psicoeducativo può essere svolto in piccolo gruppo, individuando 3-4 bambini/ragazzi con caratteristiche compatibili, o in contesto individuale. L’intervento
individuale è particolarmente efficace nei casi più complessi, che rendono difficile l’inserimento in gruppo. Si fa riferimento a soggetti con compromissioni nelle aree sociocomportamentali, sia in senso esplosivo (iperattività, actingout, scarsa tolleranza della frustrazione, scarse abilità sociali) sia in senso implosivo (ritiro, inibizione, fobia sociale, introversione).
Dott. Filippo Mantelli
Psicologo Psicoeducatore